16 ago 2010

L'Italia continua a vendere bombe a grappolo, e non ratifica la convenzione ONU.

Esempio di bomba a grappolo
Le bombe a grappolo hanno un'infamità aggiuntiva rispetto alle bombe cosiddette normali: disperdono almeno 150 frammenti che se toccati da qualche curioso al suolo esplodono peggio delle mine anti uomo.


Questo comporta la pericolosità non solo nel periodo di guerra, ma anche nel periodo successivo. E c'è un ritorno senza dubbio economico: perché le bombe si producono (non certo gratis) e poi si buttano, e poi il territorio va sminato (non certo gratis).


Paesi produttori di cluster bomb nel 2007 (tratto da www.bepegrillo.it)
Paesi su cui vengono usate le cluster bomb nel 2007 (tratto da www.bepegrillo.it)
Paesi che usano cluster bomb nel 2007 (tratto da www.bepegrillo.it)


Noterete che l'Italia produce le bombe a grappolo: sarà per questo che ha firmato ma non ha ancora ratificato l'accordo di Oslo (entrato in vigore lo scorso 1 agosto) che vieta l'utilizzo delle cluster bomb con relativo impegno alla distruzione dei rispettivi arsenali (qui, invece, l'elenco degli stati che hanno ratificato l'accordo).
Tratto da http://www.stopclustermunitions.org/


Peraltro, a ben pensare, paradossalmente chi ci guadagnerà comunque da tutto ciò sono ancora le industrie belliche: se da un lato continueranno a produrre cluster bomb per tutti quegli stati che non ratificano il trattato, produrranno, poi, nuovi ordigni puntualmente indicati nel trattato come non rientranti nella definizione di cluster bomb per quegli stati che, avendo rinunciato alle bombe a grappolo, dovranno fornire nuovamente il proprio armamentario. 


Giusto per dare un'idea c'è chi sulla guerra ci specula economicamente e si arricchisce grazie a chi fa il guerrafondaio sulle spalle altrui.

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