29 dic 2009

Associazione Effetto Farfalla per l'Associazione Contro le Leucemie ed i Tumori nell'Infanzia.


Vi segnalo un evento per domani, 30 dicembre: l'Associazione Effetto Farfalla presenta la compagnia teatrale "Attori per Caso" in Pigiama per sei. Il ricavato della serata sarà devoluto all'ACLTI (Associazione contro le leucemie ed i tumori nell'infanzia). Il costo del biglietto è di € 10.
Lo spettacolo si terrà al Cinema Teatro Roma, a Via Roma a Portici.

26 dic 2009

Perplessità sulle perplessità.

Quello che è accaduto al Papa il 24 dicembre scorso mette in luce alcune analogie con la recente aggressione a Berlusconi:
- anche in questo caso per certi versi ha fatto cilecca la sicurezza che controlla Piazza San Pietro e dintorni. Così come fece cilecca la sicurezza quando vi fu l'attentato a Woityla: per ha fatto cilecca intendo dire che si è consentito che persone non autorizzate arrivassero a distanza ravvicinata dal Papa, indipendentemente dalle intenzioni. Peraltro è stato dichiarato che per isolare il Papa da ogni rischio di aggressione dovrebbe stare sotto una campana di vetro: premesso che attentare alla vita di qualcuno rimane vergognoso, questo vale per tutti i personaggi pubblici (dovrebbero vivere sotto una campana di vetro per stare al sicuro).

- il Papa ha in ogni caso detto la messa di Natale senza che l'aggressione (l'abbraccio?) cambiasse ogni programma di sorta: e se anche in questo caso ci fosse stato un piano di riserva?

- anche in questo caso le telecamere hanno ripreso la scena (ed anche negli attentati ben più gravi a Reagan, a Woityla, a Kennedy, a Osvald).
Bufale e montature anche queste?

A questo si aggiungono altre perplessità:
1) Se è falsa l'aggressione è falso il ricovero.
Per organizzare una aggressione che non comporti danno a Berlusconi, dovrebbero coinvolgersi tutta una serie di persone che potrebbero ben vendersi la notizia a decine di riviste, giornali, giornaletti, ricavandone bei soldi. E qui parlo dell'entourage del S. Raffaele che avrebbe dovuto decidere di tenerlo per tre giorni per pura finzione. Sarebbe una notizia troppo ghiotta da farsi sfuggire e da non provare a rivendere. E poi Bersani che va a trovare Berlusconi in ospedale stava al suo gioco? Mi pare poco probabile.

2) Pericolosità intrinseca del souvenir.
Mettiamo, pure, che l'aggressione sia avvenuta per davvero, ma orchestrata con la mera finalità di accrescere la popolarità di Berlusconi o di distogliere l'attenzione dalle più diverse questioni (e non, quindi suscitata dal clima). Ebbene in questo caso devo dire che sinceramente in una cosa Berlusconi ha avuto ragione: se fosse stato centrato in un occhio, avrebbe rischiato seriamente di perderselo per la strada. Quante persone pensate siano disposte a correre un rischio così elevato? Plausibilmente avrebbero organizzato qualcosa che non assomigliasse alla specialità olimpica tiro al bersaglio e che non comportasse immediati rischi per la salute presidenziale.

3) Dinamica degli eventi.
- Dalle foto e dai filmati che ho visto emerge che Berlusconi si copre il viso con il palmo delle mani, mentre per dimostrare il bluff si vedono solo foto che fanno vedere prevalentemente il dorso pulito delle mani. Ciò non toglie che nel frattempo si sia potuto pulire le mani e in parte il viso, dando quindi l'impressione che sia stato tutto un bluff.

- Il fatto che dopo alcune frazioni di secondo non sia uscito sangue dalle escoriazioni più superficiali, non vuol dire nulla: a meno che non vi recidiate l'aorta (vi invito a fidarvi sulla parola e a non provare a recidervela) vedrete che il sangue impiega sempre diversi secondi a fuoriuscire.

- Con riferimento al blog Ace on the river, il 18 dicembre scorso è stato pubblicato un commento anonimo che effettua una particolareggiata ricostruzione della situazione volta a dimostrare che in realtà i denti di Berlusconi sono sani. In primo luogo chi fa tutta la dissertazione medico scientifica è un utente anonimo (potrebbe essere uno scarparo) ed in secondo luogo si effettua una diagnosi e controdiagnosi valutando delle foto sgranate, senza nemmeno uno scampolo di visita seria. Non sono dentista, quindi non mi addentro i analisi mediche, ma so per certo che in diverse occasioni i dentisti valutano con l'ausilio di radiografie e dopo approfondite visite. Penso che ragionevolmente si possa diffidare da tale contestazione almeno fino al momento in cui l'autore del commento non si qualifica in modo certo, e non effettua una visita accurata per potersi esprimere.

Concludo dicendo che nell'analizzare le motivazioni che sosterrebbero il fatto che l'aggressione a Berlusconi sia tutta una montatura, ho l'impressione che per la gran parte siano elucubrazioni che hanno appigli molto vaghi, dietrologici: insomma non mi aspetto che adesso venga qualcuno a costituirsi dicendomi pari pari ciò che è accaduto, ma almeno mi aspetto che vi siano argomentazioni che rispondano a questi dubbi. Sono aperto ad ogni riflessione di sorta che risolva le mie perplessità.

27/12/2009 - ore 23:50. Aggiornamento.
Rinrazio Lele per la segnalazione del blog Attivissimo: segnala, sulle perplessità sollevate in relazione all'aggressione a Berlusconi, alcuni elementi che ho segnalato anch'io senza aver mai visionato il detto blog, ed in più aggiunge diversi ulteriori elementi decisamente interessanti che dimostrano quanto la tesi complottistica sia decisamente dubbia.

24 dic 2009

AUGURI DI BUON NATALE.

Auguro un felice Natale a tutti i lettori del blog. Consentitemi un pensiero speciale per tutti coloro che non possono vivere il Natale con la dovuta serenità. Penso specialmente a tutti i disoccupati, a chi a L'Aquila ha perso tutto e vive ancora situazioni di disagio, a chi come magari gli immigrati per diversi motivi è lontano anni luce dalla propria famiglia, alle persone sole e a quelle malate, a coloro che subiscono abusi nell'indifferenza generale, ai senzatetto che quando nevica non pensano a come saranno belle le piste da sci ma sperano di non morire assiderati, ed in generale a tutte quelle persone per le quali il Natale non è un momento di felicità e di riunione con la propria famiglia per i motivi più disparati. A tutte queste persone l'augurio è che tutta la loro vita possa rientrare nei binari (si spera non ghiacciati) di un minimo di serenità.

23 dic 2009

Giampaolo Giuliani assolto dall'accusa di procurato allarme.




Mi farebbe sapere Bertolaso, che tra un po' sarà pensionato, cosa ne pensa. Cosa ne pensano tutti i suoi accusatori? Perché i media non hanno dato la notizia con enfasi pari a quando è stato accusato?

18 dic 2009

Se non solo su Facebook il fatto si fa serio atto secondo: dalle minacce ai fatti.

Aborro ogni forma di violenza fisica, verbale e/o psicologica; qualunque istigazione alla commissione di reati di qualsivoglia genere. Considero la dialettica e la violenza (e le minacce) come concetti separati, per non dire opposti.

A fine ottobre 2009 avevo già affrontato il tema delle minacce su Facebook a Berlusconi, e anche allora, come ovvio, deprecavo le minacce e la violenza. Ma dovrebbe essere normale deprecare un certo tipo di commenti, non occorrerebbe nemmeno dirlo. Ecco: piuttosto chi non è normale chi ha tirato il souvenir al Presidente del Consiglio.

Il reato dell'istigazione è previsto dall'articolo 414 del codice penale che al comma 1 recita: «Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito per il solo fatto dell'istigazione». Se Zingarelli non s'è rintronato, istigare significa testualmente: «spingere qualcuno a compiere un'azione riprovevole». Nello stesso articolo è condannata l'apologia (l'esaltazione) del reato. Se, quindi, abbiamo visto che chi ha compiuto il gesto non è una persona così normale, tutti i gruppi che esaltano questo gesto, ma in generale tutti i gruppi che compiono istigazione ed apologia, che in pochi giorni sono nati come funghi non sono altro che gruppi illegali, come tali oscurabili e i fondatori, i commentatori che hanno esaltato il gesto, e probabilmente anche i semplici fan, perseguibili dalla legge per istigazione a delinquere e apologia di reato.


Il secondo concetto da non trascurare è che scrivere su Facebook non è, come disse Ferrero a fine ottobre ad Affari Italiani.it, come scriversi una lettera, per quanto anche le lettere minatorie non sono proprio dichiarazioni d'amore e costituiscono anch'esse reato. Ma il problema, su Facebook, si pone specie se si forma un gruppo. Facebook ha una grande diffusione, paragonabile al carattere di pubblicità necessario per l'istigazione ai reati. Chi istiga alla violenza, al razzismo e a qualunque reato, o alla morte di chicchessia, anche tramite Facebook, quindi, dev'essere denunciato.
Questo senza voler criminalizzare nè l'intera struttura di Facebook, nè internet in generale: sarebbe gettare via tonnellate di frutta per poche mele marce. Non ne vale la pena.

Quello che mi chiedo è possiamo individuare, nei gruppi su Facebook che volevano Berlusconi morto, dei mandanti morali? Possiamo individuarli in Di Pietro-Travaglio & co.? Ma siamo sicuri che ci sia alla fine un mandante morale? Sono sempre molto perplesso sui mandanti morali (meno sull'istigazione a delinquere). Se dico pubblicamente che Tizio mi è antipatico, e Caio tenta di ammazzarlo posso essere considerato un mandante morale?

Nel caso di Berlusconi, sinceramente, non so se c'è un mandante morale o meno, so che un pazzo ha attentato al Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana. Mi basta per considerarlo un fatto estremamente grave. Io so che minacce, istigazioni e gruppi Facebook ed intimidazioni di ogni tipo non sono solo a Berlusconi ma a diversi politici e sono tutte da condannare. So anche che non bisogna confondere la critica, che certo non prevede le minacce di morte, con gli attentati e con le offese; so che a tutti spetta il diritto di manifestazione del pensiero, ma non il diritto di offendere e di minacciare.

Concludo segnalando una minaccia che è giunta ad Andrea De Luca, un blogger decisamente bravo a cui va tutta la mia sincera amicizia e solidarietà ed il mio invito a continuare la sua attività di blogger. Non so se Andrea segnalerà la cosa alla polizia postale o meno, sarà sua libera scelta farlo (se volete saperlo io gli ho già consigliato di farlo). Ma certo non trovo assolutamente giusto che, in virtù di quanto appena detto, non si possa esprimere le sue idee (indipendentemente se le si condivida o meno) senza correre il rischio di essere minacciato.

10 dic 2009

Il limite è massimo, non minimo.

Di seguito pubblico la mail che ho inviato oggi a Michele Serra, in cui commento l'Amaca (la rubrica che tiene quotidianamente su Repubblica) di ieri. Vi darò notizia di eventuali risposte.

Gentile Serra,

vado subito al nocciolo della questione: nell'Amaca del 09 dicembre 2009, l'argomento è la proposta di portare il limite di velocità a 150 km/h. Premesso che ritengo che al volante (e non solo) la perfezione non esiste, ma esistono solo guidatori più capaci-attenti-prudenti, e guidatori più spericolati-disattenti-incapaci, vorrei riflettere su un paio di cose: aumentando il limite di velocità, in Italia subito verrà arrotondata a 160. Ritengo che chi se ne frega delle regole e dei limiti difficilmente approfondirà quali essi siano. Il problema non è il limite alzato (sul tema vorrei ricordare che migliora la qualità delle automobili e diminuiscono i consumi), ma il problema è che venga superato. Per molti il rispetto dei limiti è dovuto ai controlli, non al fatto che sia pericoloso correre (le porto in tal senso l'esperienza della Tangenziale di Napoli: prima dell'installazione del tutor era una succursale di Indianapolis, adesso sembra un posto modello), o che vi siano limiti più restrittivi (ma assenti i controlli). E così è per ogni obbligo di sorta. Personalmente appartengo alla schiera, anch'io in minoranza, di chi ritiene che ognuno dev'essere il giudice di se stesso: a me non importa se vi siano controlli o meno, io cerco sempre di rispettare i limiti e le regole in generale, anche se ritengo che un limite non sia perfettamente appropriato.

C'è un secondo aspetto che vorrei sottolineare, perché non ne sento parlare da nessuno, ma è un concetto che mi ha inculcato mio padre quando ero piccolo: mi ricordo come se fosse ieri nella nostra 127 andando in vacanza al mare con i miei genitori, il limite sul tratto di strada che percorrevamo era di 90 km/h. Mio padre si "ostinava" a non mantenere la velocità limite ma ad andare un pò meno, ed io, da sempre appassionato e soprattutto curioso di macchine, non mi capacitavo del motivo, chiedendogli di andare più veloce (ho l'attenuante generica che non avevo però nemmeno dieci anni). La sua risposta era sempre la stessa: «Guarda che quello è un limite massimo, non minimo. Nè devo per forza andare a quella velocità. Guarda quante macchine ci sono». Sono passati quasi vent'anni, ho la patente quasi da dieci, ma non dimentico quell'insegnamento. Non dimentico soprattutto l'esempio di entrambi i miei genitori che mi hanno insegnato, prima con i fatti e poi a parole, il rispetto delle regole indipendentemente dai controlli.

Tutto questo per dire che la discussione di questi giorni mi ha riportato indietro a quando ero bambino: non penso ci voglia molto a capire che i 150 è il limite massimo e non il limite minimo. Non ci vuole molto a sottolineare che la velocità va determinata anche in base al traffico, al veicolo che si guida, alla stanchezza accumulata, alla visibilità, al fatto che piova. Anche questi fattori, insieme giustamente alla velocità, determinano molte volte incidenti mortali. La vedo come una sorta di conformismo: la possibilità diventa dovere, perdendo la capacità di valutare autonomamente la situazione.

Penso che molto si potrebbe fare, oltre a dire di andar piano, se si decidesse di ritirare definitivamente la patente (senza possibilità di riprenderla per almeno dieci anni) a chi per più di tre volte fuori dai centri urbani supera i limiti di velocità di oltre 30 km/h: se non otteniamo il rispetto dei limiti e quindi una maggiore sicurezza, risolveremmo quanto meno il problema del traffico su strade ed autostrade e dell'inquinamento atmosferico.

Che poi sia più giusto il limite dei 150 o dei 125 non lo so: temo che un incidente a quelle velocità comporti comunque gravi conseguenze. Con tutta probabilità forse ha anche ragione a dire che un limite più basso è più sicuro ... se però fosse rispettato (e fatto rispettare) da tutti.

Quello che intendo segnalare è che la questione del limite è solo la punta dell'iceberg: la vera questione è che ci troviamo dinanzi a (troppe) persone che non comprendono l'importanza (o peggio non hanno il senso) del limite; che non sanno adeguare la velocità (il comportamento) alla situazione che si trova in autostrada (nella vita). E questo provoca danni in autostrada e non solo.

Personalmente ho una sola certezza: rispetto i limiti previsti dalla legge, ed entro i limiti cercherò di essere il giudice di me stesso, adeguando la velocità a tutti i fattori sopra elencati, ed indipendentemente da Tutor, Autovelox e controlli vari. Essendo uno dei principali insegnamenti che si ha a scuola guida, non vedo perché trascurarlo. Se il limite raggiungerà i 150 km/h, memore degli insegnamenti genitoriali, non è assolutamente detto che ci si vada tutti.

Dimenticavo: ritengo che un ottimo modo per consumare meno benzina è utilizzare spesso i mezzi pubblici e pretendere che questi vengano incentivati oltre che le rottamazioni delle autovetture.

6 dic 2009

Berlusconi è andato al No B day.

Silvio Berlusconi si è presentato ieri al No B Day. Gobbo, triste e con aria pessimista. Tanto era irriconoscibile che qualcuno l'ha scambiato inizialmente per Andreotti o per Veltroni. Dopo alcuni istanti di stupore generale e di brusio, riconosciuto che era Berlusconi, è partita una bordata di fischi. Per alcuni istanti, Berlusconi sembrava decisamente intimidito da quanto vedeva, ma d'altronde non poteva aspettarsi altrimenti.


Dopo diversi minuti, placata l'ira dei presenti, Silvio ha provato timidamente a parlare ad un megafono. Si è schiarito la gola, ha deglutito e ha detto di volersi dimettere, di voler subire i processi come tutti i cittadini normali, e che quando avrà dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio la propria specchiata onestà, sul piano giuridico oltre che morale, si ricandiderà sicuro di un ulteriore plebiscito. In tal modo pure gli oppositori non potranno dire alcunché sulla propria situazione moral-giudiziaria ... poi mi sono svegliato in preda ad un attacco isterico, ho vomitato l'anima del diavolo e son tornato a letto dopo diverse camomille.

27 nov 2009

Associazione Effetto Farfalla

Anche in autunno, come fu già lo scorso 31 maggio, l'Associazione Effetto Farfalla organizza un evento degno di nota. Domani 28 novembre 2009, al Chiostro di Sant'Antonio sito in Via Università a Portici è organizzata una castagnata con salumi e prodotti tipici autunnali. Prezzo d'ingresso 10 euro devoluto interamente in beneficenza ai frati minori del convento attualmente in difficoltà.
Vi segnalo, per chi fosse interessato, che sono già da un po' on line proprio le foto dell'evento organizzato lo scorto 31 maggio

26 nov 2009

Siore e siori il circo è in città!!

In principio fu il Grande Fratello. Annus domini 2000, conduceva Daria Bignardi. Ammetto: i primi due anni era anche una cosa attraente. La novità rendeva tutto più interessante; la Gialappa's a completare l'opera (d'altronde è da vent'anni abbondanti un punto sempre più fermo, forse perché innovativa nel genere ed in continuo rinnovamento). La novità, insomma, era per i partecipanti e per gli spettatori.

Il tempo, le mode e l'abitudine cambiano le cose: nel corso degli anni quasi non passasse sera che non ci fosse un reality, ma la location doveva cambiare: sopravvissuti-ristoranti-fattorie-isole dei famosi dei quasi famosi e dei non famosi. Mancano: zoo, ascensori, case chiuse e patrie galere. Presto si colmerà la lacuna.

Ormai gli stereotipi sono cristallizzati: il Grande Fratello prende diverse persone di diversa fascia sociale, molti rigorosamente ignoranti (ci siamo scampati per un pelo quello che vuole andare a l'Ondra che è la sua città preferita, ma basta vedere un po' i Gialappi per mettersi le mani nei capelli e correre via con un pianto isterico), più personaggi reperiti alla bisogna a seconda del momento storico che si vive. Si tratta già con la donna cannone, una serie di nani maltrattati dal Circo; polemiche per la donna baffuta che, essendo sempre piaciuta, risulterebbe essere avvantaggiata. Mescolato il tutto si ha qualcosa che al di fuori sarebbe rissa, talvolta anche aggravata da insulti, offese e bestialità a tutto spiano.

Annus domini 2009 e - a dieci anni dal primo GF - Channel 4 propone «Casts Off» (letteralmente «Gli scartati»), sei disabili che saranno su un'isola deserta per un po' di tempo. Politicamente scorretto? Trasgressione? Voglia di far cadere gli ultimi tabù? Il rischio che si corre è trasformare il tutto in un fenomeno da baraccone, con collaterale svilimento della disabilità, delle diversità e di tutta una serie di problematiche correlate.

Proseguo con l'Isola è dei Famosi per dire: la gran parte dei partecipanti è una ex qualcosa o di qualcuno. Diverse mezze tacche e tacchettine che sbraitano per ottenere un posticino miserrimo. Poi riappare, per esempio, Lory del Santo: chi caspita se ne frega dell'accompagnatore al cinema e del fatto che il ragazzo è geloso. Stai a vedere se è un trombamico o chissà chi. Per me sono due emeriti sconosciuti che potevano giocarsela a tresette. Per il resto rimane la rissa aggravata dalla fame, da bestemmie e futilità varie.

Salto a piè pari Uomini e donne (il massimo livello dello spettacolo è vedere a chi partono per prima le coronarie, relativamente ai discorsi sembrano scritti da dieci isterici analfabeti scappati dal manicomio) Amici e X Factor (sputtanano il dietro le quinte: se ci pensate il fascino del dietro le quinte nasce proprio dal fatto che sia merce rara da reperire, quasi qualcosa di massonico, di rubato).

Tutto questo, spesso, viene chiamato trash, ma anche qui avrei da ridire: il trash era qualcosa di eccezionale. In un contesto di enorme qualità, anche il trash aveva un suo perché e dei requisiti minimi. Adesso è tutto trash in un laghetto di sufficiente qualità, e la cosa è piacevole come la diarrea.

19 nov 2009

Proviamo a riepilogare la situazione (semitragica).

Non che le classifiche che ogni tanto ci vengono propinate da (alcuni) giornali abbiano necessariamente valore biblico, sono molte le classifiche in cui l'Italia proprio non riesce a primeggiare: e dovrebbero essere le classifiche fondamentali. Classificando i paesi dal meno corrotto al più corrotto, l'Italia è al 63° posto (su 180). In sè e per sè potrebbe anche discutersene, ma forse è il caso di avere un quadro d'insieme della situazione.

Ricapitolando in breve alcuni dati apparsi negli ultimi dodici mesi: siamo l'unico paese in Europa in cui la diffusione di Internet ristagna, per non dire che è in lieve calo (42% dati Eurostat 2008) e siamo peraltro nelle posizioni di coda rispetto al resto d'Europa; secondo Transparency International siamo - parimerito con l'Arabia - al 63° posto (nel 2007 eravamo al 41°) nella classifica dei paesi meno corrotti; secondo Reporters Sans Frontieres (ottobre 2009) perdiamo posizioni in classifica relativamente alla libertà di stampa; andamento che conferma quanto diceva in precedenza uno studio di Freedom of Press.

A fronte di tutto ciò accade che si congelano gli 800 mln. di euro per investire nella banda larga, che - manco a dirlo - incentiverebbe l'uso di internet ed il pluralismo informativo. Due piccioni con una fava. Letta, tuttavia, spiega che c'è un cambio di priorità: occorre prima uscire dalla crisi e poi gli 800 mln. di euro torneranno a disposizione per la banda larga. Decisamente secondario il fatto che si spendono soldi in abbondanza per parlamentari ed enti locali e nessuno si preoccupa della crisi in questo caso.

Decisamente secondario che si vuole depenalizzare la corruzione - siamo l'unico paese in Europa - e che comunque non è considerato un reato assai grave (da 2 a 5 anni per la corruzione propria) ed accade anche che i magistrati - ma solo quelli comunisti - avranno molto probabilmente il tempo contingentato per giudicare su questo tipo di fatti: paradossalmente sarebbe più grave lo scippo che fa il poveraccio diseredato, non la corruzione nè le frodi. Per intenderci se passasse la prescrizione breve (e ci scommetterei che passa), Bernard Madoff (quel simpaticone che ha trafugato 50 miliardi di dollari ai suoi investitori) se processato in Italia con tale sistema, avrebbe potuto invocare la prescrizione in Italia se non fosse giudicato in tempi strettissimi.

Accade che Miklos Marschall - noto comunista direttore di Transparency International per l'Europa - dichiara che il crollo italiano in questa classifica è dovuto a quello che chiamano il "fattore Berlusconi". Accade che la Corte dei Conti (forse quella di Topolinia) sostiene che le tasse immorali hanno un valore di 60 mld, di euro ogni anno.

Pazienza se (cito da Repubblica del 18/11/2009) il Consiglio d'Europa rileva che: in Italia i casi di malversazione sono in aumento; che le condanne sono diminuite; i processi non si concludono per le tattiche dilatorie che ritardano i dibattimenti e favoriscono la prescrizione; la normativa è disorganica, la pubblica amministrazione ha una discrezionalità che confina con l'arbitrarietà.

Pazienza se ci sono state mandate 22 raccomandazioni di stampo amministrativo per contenere la corruzione. Pazienza se la corruzione incide sul mercato e sulla concorrenza, impedisce il giusto sviluppo delle imprese, pesa su tutti gli italiani.

Accade che in ambito di libertà di informazione veniamo considerati un paese semilibero da Freedom of Press e perdiamo posizioni, manco a dirlo, perché c'è il conflitto di interessi di un tizio che ha tre televisioni. E non lo dice il partito comunista, ma associazioni indipendenti; la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia Europea. Anzi proprio il centrosinistra, tra cui i 150 mila partitini comunistini, i post-comunisti, i democratici, per quel poco che è riuscito a giovernare, ha preferito essere litigioso e non infierire sull'avversario politico. Avrebbe solo dovuto ripristinare una situazione di legalità e di giustizia sostanziale.

16 nov 2009

Due notizie, una analogia.

Nella giornata in cui arrestano il numero due di cosa nostra (Domenico Raccuglia), e in cui c’è forte entusiasmo (compreso il mio) verso le forze dell’ordine, vi riferisco di due notizie che, ancorché non abbiano avuto risalto nazionale, hanno attratto la mia attenzione negli ultimi giorni. La prima: una madre ha aggredito a Secondigliano l’insegnante del figlio, che da questa aveva ricevuto un rimprovero. La seconda: alcuni carabinieri sono stati arrestati mentre, nel legittimo esercizio del loro - spesso pericoloso - lavoro, arrestavano dei criminali.


Entrambe le notizie hanno tra loro un’analogia: entrambi gli eventi rappresentano, al contrario di quanto successo oggi, un rifiuto dello Stato, del rispetto delle regole e della legalità in generale e di chi è tenuto a trasmettere questi valori. E di notizie come queste sono piene le cronache. Ma non solo: basta guardarsi intorno e si vedrà immediatamente che l‘analogia non riguarda solo le due notizie, ma molto di più. Già ne parlai sul blog tempo fa: siamo circondati da maleducazione, insofferenza alle regole anche più elementari. Figurarsi il resto.

Solo in presenza dell’autovelox buona parte degli automobilisti rispetta i limiti, altrimenti una universale rottura di scatole, o peggio, una decorazione delle patrie autostrade. Al semaforo verde Senna e Prost erano due agnellini timorati di Dio.

Noi - più che giustamente - pretendiamo l’onestà dai nostri rappresentanti, ma diamo il buon esempio? In realtà molti dei rappresentati non hanno la minima conoscenza delle regole e la minima intenzione di rispettarle nemmeno per sbaglio. Questo, probabilmente, è il principale motivo per cui - pochi esempi per tutti senza riferimenti «ad personam» - si accettano pacificamente i condannati in via definitiva per reati anche gravi in Parlamento, si consentono amnistie, indulti, condoni e scudi fiscali: figurarsi se ci si può porre il problema degli insegnanti e delle forze dell‘ordine. Tutti esempi sbagliati.

L’esempio che si dà agli altri conta più di mille parole: vi è mai capitato, in auto, di giungere al semaforo (magari di quelli pedonali che scattano senza che nessuno attraversi) dopo diverse macchine che impunemente passano col rosso? Ebbene, permanendo il rosso fermatevi: sicuramente nelle corsie di fianco a voi vedrete qualcuno che inchioda fermandosi anch‘egli. Sono convinto che nella maggior parte dei casi chi fa così, non si ferma per intima convinzione di fare qualcosa di rispettoso del codice della strada, ma perché ha visto voi farlo. Al contrario: se vi fermate a raso del marciapiede dove non c’è nessuno, dietro di voi, tempo una ventina di minuti avrete iniziato la fila (e darete il cattivo esempio nel caso in cui fosse vietato). Magari molti non si accorgono nemmeno del divieto, e pensano: «vuoi vedere che il fesso sono io?».

Analogamente, se i ragazzi hanno l’esempio dei genitori così sprezzanti verso gli insegnanti, verso le forze dell’ordine e verso il rispetto per gli altri e per l‘onestà in generale, se i ragazzi nel migliore dei casi hanno la televisione (spesso spazzatura) dinanzi alla quale sono abbandonati senza controllo, e nelle realtà peggiori e più degradate hanno la strada a fare da maestra di vita, forse occorre allargare di più l’orizzonte perché il problema è un po’ più vasto ed articolato di quel che si pensa.

Forse siamo cambiati tutti: se si parla oggi di buone amicizie, i pensieri che ci sfiorano sono ben diversi. Forse dovremmo dare prima il buon esempio e poi parlare degli altri. Contageremo un po' di civiltà.

14 nov 2009

Fermiamo la mutilazione degli organi genitali femminili.


Il 09 Novembre 2009 è stato attivato il numero verde 800 300 558 per chiedere aiuto, informarsi e denunciare eventuali abusi relativamente alle mutilazioni genitali femminili.





La mutilazione degli organi genitali femminili è una barbarie che viene compiuta prevalentemente in alcuni paesi nel continente africano e nel sud-est asiatico. In Somalia - per esempio - una donna non infibulata è considerata impura; in Kenya l'infibulazione è comunque considerata una pratica culturale lecita ed importante. Infibulando la donna, nella pratica le si vietano i rapporti sessuali, avendo la finalità di conservare e di indicare la verginità della donna, e si segna il passaggio dall'infanzia all'età adulta.




Da Pensare è gratis
L'escissione è una mutilazione dei genitali femminili con cui si asporta il clitoride al fine di ridurre il piacere sessuale femminile e a cui si aggiungono una serie di danni psicologici, mentre con l'infibulazione vengono spesso raccolte tutte le mutilazioni a carico dei genitali femminili, tra cui anche l'escissione, praticate in diversi paesi dell'Africa sub-sahariana, per motivi non terapeutici, che ledono fortemente la salute psichica e fisica delle bambine e donne che ne sono sottoposte. Secondo Emma Bonino in 18 dei 28 Stati in cui si pratica l'infibulazione attualmente si sono dotati di leggi che condannano tali pratiche.


I motivi che spingono all'infibulazione posono essere derivanti dalla credenza che solo in tal modo la donna raggiunga la maturità, oltre che sintomo di purezza (ma checché si creda il Corano non prescrive alcuna di queste pratiche), oltre che di verginità e di castità della donna. Ma anche l'associazione tra i genitali femminili esterni e l'idea di bruttezza e di nocività è un'associazione radicata al punto tale da giustificare queste pratiche.

Senza scendere nei dettagli medici (chi è interessato può consultare Le linee guida del ministero della salute che spiegano tutto in modo sufficientemente dettagliato) le conseguenze di tale pratica comportano:
1) danni alla donna in via immediata: tetano, febbre, setticemia, shock;


2) danni alla donna a medio termine: cisti, ascessi ed infezioni assortite;
3) danni alla donna nel lungo termine: dismenorrea (mestruazioni irregolari e dolorose), difficoltà nella minzione ed incontinenza urinaria (soprattutto post partum) calcoli vaginali, infezioni pelviche, ipersensibilità dell’area genitale, infertilità;
4) danni al bambino ed alla madre: il tessuto fibroso vulvare non permette la dilatazione necessaria per il normale svolgimento del parto, nel periodo espulsivo, con possibili danni al bambino e alla madre. Se non si procede tempestivamente alla riapertura dei tessuti della cicatrice il bambino può arrestare la sua discesa nell’ultimo tratto del canale vaginale e rischiare, per scarsa ossigenazione, danni cerebrali; la mamma può andare incontro a lacerazioni perineali, uretrali e rettali. Una ulteriore possibile complicazione dove il parto avviene in contesti non sanitari è rappresentata dalla rottura dell’utero, complicazione temibile sia in termini di mortalità materna che neonatale. Inoltre, poiché le donne infibulate sono sottoposte con maggiore frequenza al taglio cesareo, rischiano più di altre la morte per emorragia o sepsi puerperale, specialmente nei paesi di origine e fuori dagli ospedali attrezzati.


Senza contare i danni psicologici che ne seguono: spesso e volentieri i mariti viste tutte le complicazioni fisiche abbandonano le donne; senza contare che spesso le donne hanno riferito di essersi sentite tradite, abbandonate, violentate dalle rispettive famiglie. Un senso di impotenza e di inibizione perpetuo che con la defibulazione, ancorché possa ripristinare fisicamente in tutto o in parte quanto fatto dall'infibulazione, difficilmente si può riparare.


L’OMS stima che sono dai 100 ai 140 milioni le donne nel mondo sottoposte a mutilazioni genitali femminili e che le bambine sottoposte a tali pratiche sono, ogni anno, circa 3 milioni. Le mutilazioni genitali femminili sono una pratica diffusa principalmente in alcuni Paesi dell’Africa. Nei villaggi dei Paesi interessati con rudimentali strumenti, in condizioni igieniche precarie, con anestetici e disinfettanti naturali, si interviene sulle bambine, traendo da questa attività un reddito.

6 nov 2009

Ipse dixit: Enzo Biagi a due anni dalla morte

Da Sofia il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non trova di meglio che segnalare tre biechi individui, in ordine alfabetico: Biagi, Luttazzi, Santoro. Quale sarebbe il reato? Stupro, assassinio, rapina, furto, incitamento alla delinquenza, falso o diffamazione? Deunci. Poi il Presidente Berlusconi, siccome non prevede nei tre biechi personaggi pentimento o redenzione - pur non avendo niente di personale - lascerebbe intendere, se interpretiamo bene, che dovrebbero togliere il disturbo. Signor presidente Berlusconi, dia disposizione di procedere, perché la mia età ed il senso di rispetto che ho per me stesso, mi vietano di adeguarmi ai suoi desideri. Eventualmente, è meglio essere cacciati per aver detto qualche verità, che restare al prezzo di certi patteggiamenti.



Enzo Biagi - Ultima puntata (n. 814) de "Il Fatto" - Rai 1 18 aprile 2002. Nel giorno dell'anniversario della morte penso sia il minimo per ricordarlo.

4 nov 2009

Eventi rilevanti a Napoli: incontro su questioni morali ed istituzionali.




A Napoli il 06 novembre - dalle 15 alle 20 - ed il 07 novembre - dalle 09 alle 14 - vi segnalo al Maschio Angioino (Cappella Palatina) il convegno Questione morale e istituzioni.
Per ogni informazione ulteriore vi rinvio al gruppo fondato su FB da de Magistris sul tema ed al blog di Luigi de Magistris

2 nov 2009

Se quando ti distrai sono uccelli senza zucchero...

Di qualche giorno fa la notizia: il pilota della Northern Airlines diretto a Minneapolis ha dimenticato di atterrare ricordandosene 240 km dopo l'aereoporto. E i 147 passeggeri che facevano?
Opzioni (VERE?):

1) Pilota e copilota dormivano (la NTSB ha smentito);

2) Pilota ed equipaggio erano alle prese con una discussione assai appassionante sul regolamento della compagnia aerea.

Interpretazione tutta personale:
1) Pilota, copilota, equipaggio ed i 147 passeggeri dormivano tutti quanti perchè hanno indossato le mascherine ed invece dell'ossigeno c'era del cloroformio.

2) Pilota, copilota, equipaggio ed i 147 passeggeri dormivano tutti quanti perchè intorpiditi dal film: La corazzata Potemkin.

3) In realtà erano tutti in catarsi per la presenza del Mago Otelma.

4) Banchettavano tutti insieme appassionatamente ad alta quota e non avevano la più remota intenzione di farsi rompere le palle da chicchesia.




5) Erano tutti appartenenti alla setta segreta Coniugi insoddisfatti e scappavano via da coniugi opprimenti e brutti come la morte.

31 ott 2009

Se oltre all'indifferenza c'è la rassegnazione

Petru Birladeanu era un romeno innocente che suonava la filarmonica a Napoli che ha avuto la sola sfortuna di esser colto da un colpo di pistola vagante durante una sparatoria nel maggio scorso. All'epoca ebbi modo di scagliarmi contro l'indifferenza di chi - passando vicino al corpo agonizzante di Petru - ha avuto il tempo di obliterare il biglietto, di voltare le spalle ed andarsene, o di guardare assolutamente senza dire o fare nulla. In considerazione del fatto che in zona c'è un ospedale ed un commissariato, il mio sdegno era (è) ancora più forte.

Ieri è stato diffuso il video di un omicidio di camorra ai danni di Mariano Bacioterracino (effettuato l'11 maggio scorso) in pieno giorno. Sia il killer che il palo erano a volto scoperto, come hanno fatto vedere i TG nazionali. Ho notato da un lato meno indifferenza: "solo" la ragazza che è riuscita a passare due volte sul cadavere come se scavalcasse un banale ostacolo sul suo percorso. UN CADAVERE NON UNA MERDA!! Forse qualcuno dirà anche: "va beh è morto, ha ricevuto anche il colpo di grazia non si sarebbe potuto comunque salvare". Ad onor del vero questa volta ho visto nei più veramente il panico che ti porta a scappare durante la sparatoria (non a fare il biglietto).

Questa volta mi fa di più rabbia la rassegnazione delle persone intervistate. Tutte a dire: beh è così ogni giorno ... per la gente del quartiere è normale, chi non è di qua chi sa cosa si pensa. Cosa vuoi che penso, che conosco personalmente diverse persone del rione Sanità decisamente oneste e molto simpatiche che di sicuro non hanno nulla a che vedere con questo schifo e che soprattutto NON E' NORMALE PER NIENTE AMMAZZARE QUALCUNO, PEGGIO A SANGUE FREDDO.

30 ott 2009

Elogio del flusso di coscienza.

I poveri di spirito moriranno tristi dopo aver vissuto infelicemente; i poveri di intelligenza moriranno dementi dopo aver dato piena prova di loro in vita; i poveri in canna moriranno in silenzio senza che nessuno si sia curato di loro.

In un mondo talvolta ipocrita e finto buonista ci rimane una battuta, un commento sincero, benché a volte difficile da fare, da ricevere o da accettare. Per non pochi anche difficile da capire. Qualcuno molto disonesto mentalmente, che mai e poi mai avrà il coraggio di comprendere, anzi troverà il modo di fare ripicche. Ce ne sono, ce ne sono.

Star soli a volte aiuta e non è in sé una cosa negativa come pensano molti. Aiuta a raccontare a noi stessi ciò che desideriamo fare. Aiuta a ridere, a piangere ad incavolarsi senza che ci sia nessuno a giudicare o a consigliare - talvolta in cattiva fede - o a blaterare inutili frasi fatte male, fatte da altri e citate a sproposito da qualcuno con poche idee ma confusissime.

Se ognuno fosse il giudice naturale di se stesso sarebbe molto meglio, ma per molti è preferibile essere il moralizzatore altrui e spesso con la memoria corta e l’omino bianco che ripulisce costantemente la coscienza. Solita domanda: ma a chi ti riferisci? Solita risposta: a chi ha la coscienza sporca, perché chi ce l’ha pulita (non RIpulita) non si pone il problema.

22 ott 2009

Se su Facebook il fatto si fa serio.

Relativamente alle minacce ricevute da Silvio Berlusconi su un gruppo presente su Facebook, trovo vergognoso minacciare di morte qualcuno (indipendentemente se sia Berlusconi o meno, anche perché da quanto ho appreso informandomi on line, non è l'unico ad aver ricevuto questo tipo di minacce). C'è da vergognarsi, oltre che da temere penalmente, anche se non se ne condividono i modi, i toni e le opinioni di chi si minaccia, non è una scusante, e sicuramente non penso che siano fan club di Berlusconi quelli che inneggiano alla sua morte.

Analogamente trovo quanto meno di dubbio gusto esagerare, scherzare o provocare in tal senso (solo qualche giorno fa un {ex} dirigente del PD evocava molto infelicemente ques'ipotesi, e per fortuna è stato cacciato via a calci nel deretano).

Ferrero sul tema ad AffariItaliani.it dichiara: È una stupidaggine. È semplicemente una sciocchezza, dovuta al fatto che su Facebook, come sulla mail, si dicono delle cose che non si scriverebbero mai su un foglio di carta stampata. Veramente, è una stupidaggine. A mio parere non c'è alcun allarme. Siamo in un paese assolutamente non violento da questo punto di vista

Ferrero dimentica in modo estremamente colpevole alcune cose: lettere, mail e conversazioni personali rimangono private, quindi hanno una portata estremamente limitata, ma un gruppo su Facebook che raggiunge diverse migliaia di persone non ha una portata limitata, e quindi si può pretendere l'ovvio rispetto delle leggi italiane, e quindi certe cose si farebbe bene ad evitarle, chiunque sia il destinatario.

21 ott 2009

Non passa la mozione a Strasburgo.

Come promesso vi tengo informati: la mozione che era stata proposta sul tema del pluralismo e sulla libertà dei media in Italia ha ottenuto 335 voti favorevoli, 338 contrari e 13 astensioni. Nel testo si parlava di mezzi di comunicazione «sotto attacco»; della necessità di garantire il pluralismo dei media in Europa; della questione dei conflitti d'interesse e delle interferenze compiute dal governo italiano sui media nazionali e stranieri. Per i rappresentanti del centro destra in Europa si tratta di un attacco a Berlusconi. Evidentemente i 335 voti favorevoli sono anche loro tutti comunisti.


Di ieri era la notizia che l'Italia arretra relativamente alla classifica per la libertà di stampa (49° su 157); del maggio scorso la notizia che anche l'associazione Freedom of Press ci cataloga tra i paesi semi liberi (73° su 195).

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Classifica per la libertà di stampa

20 ott 2009

Classifica per la libertà di stampa


 
L'Italia è al 49° posto per la libertà di stampa secondo la classifica stilata da Reporters Sans Frontières (eravamo 35° nel 2007 e 44° nel 2008). Questa è la notizia del giorno.


Per stabilire la classifica Reporters Sans Frontieres ha preparato un questionario di 40 domande, inviate alle organizzazioni partners di Reporters Sans Frontieres (sicuramente questa organizzazione sarà un'organizzazione di comunisti).


Un commento, per concludere, di Jean Francois Julliard (presidente di Reporters Sans Frontieres):


Questionario proposto da Report Sans Frontieres
Nota metodologica



13 ott 2009

La tendenza del PD all'autodistruzione.

Lo scorso 04 ottobre ho detto che il PD era il partito democraticamente rassegnato: ma anche il partito democraticamente complicato. Motivo per cui difficilmente il PD potrà raggiungere la vocazione maggioritaria tanto auspicata (potranno avvenire i miracoli?).

Riepiloghiamo l'accaduto: sono imminenti le primare del PD, e potrebbe essere decisamente interessante vedere sulle televisioni nazionali un duello che potrebbe anche essere anche molto interessante, e con un po' d'impegno e fare un figurone rispetto allo spettacolo che ultimamente si gode e quindi far giungere a milioni di persone un'immagine positiva (per il partito), di metodi nuovi. Peraltro le offerte non sono certo mancate, quindi occorreva solo approfittarne.
 
Tutto troppo semplice per il Politburo Disastrato che grazie alla triade Franceschini-Bersani-Marino ha pensato bene di proporre veti incrociati su come-dove-quando puntare le telecamere, su chi dovesse condurre l'incontro e così via. Alla fine hanno deciso di concedersi a Youdem-TV per pochi fedelissimi - che appunto sono fedelissimi - che sanno del duello e che sanno dove vederlo - che appunto sono pochi. Questa tendenza mi sembra decisamente autolesionista. Potrei capire l'avversione per il popolo di internet - ma non la capisco nè la tollero visti gli esempi contrari e vincenti di Obama negli USA e di Deborah Serrachiani e di Sonia Alfano qui in Italia - ma questi errori grossolani anche relativamente alla televisione li attribuisco ad una tendenza alla complicazione assolutamente irritante.

12 ott 2009

L’imperio del politicamente corretto.

Quello del politicamente corretto è un atteggiamento trasversale, tocca diverse punte e tutti i ceti sociali senza differenze: è quell’atteggiamento che permette impunemente di confinare negli ambiti più periferici e dimenticati della propria coscienza, e della conoscenza altrui,  la sincerità.

Il politicamente corretto non osa dire la verità così com'è, ma dice ciò che vuoi sentirti dire, cavalca - quindi - le frasi fatte migliori (raccolte in un apposito annuario sempre aggiornato), specifica sempre che non giudica, e che non vorrebbe permettersi, ma si permette anche troppo. Si spaccia per sincero, essendo solo un abile manipolatore della realtà: non dice il falso, ma omette la verità.

Il politicamente corretto ha la solenne abilità di effettuare molte critiche, ma con talmente poca fantasia ed argomentazioni da criticare agli altri ciò che fa egli stesso. Elementi più socialmente evoluti, riescono poi con debiti paroloni messi in rigoroso casaccio a tenere discorsi anche apprezzati da persone le quali - tuttavia - non hanno capito esattamente il resto di niente, o che senza volere smentiscono ciò che hanno apprezzato poc’anzi.

La sostanziale vigliaccheria ed incoerenza che contraddistingue i politically correct fa sì che la colpa ricade sempre e comunque sugli altri, mai su di sé, le fulgide dichiarazioni di principio rimangono da parti, quando per interesse vengono contraddette; sono intoccabili quando servono a giustificare le proprie azioni.

Qualcuno potrebbe offendersi se al posto di operatore ecologico si dicesse spazzino; sordo al posto di audioleso; cieco al posto di non vedente. Proprio il volersi sforzare costantemente di non voler offendere chi è diverso - o per qualche motivo più debole? - da noi  è offensivo.

Scomporsi, arrabbiarsi, dir qualcosa a costo di sbagliare od offendere è segno di coraggio; chiedere scusa e riconoscere (sinceramente) i propri errori è segno di umiltà, non certo di politically correct. Dir qualcosa di giusto in un modo sbagliato è riduttivo; dire il nulla con un'ottima forma è una ricca presa per i fondelli.

10 ott 2009

Evoluzioni del caso dell'omicidio di Petru Birlandeanu

Riepilogo della situazione.
Petru Birlandeanu era un suonatore ambulante di fisarmoniche, ed è stato ucciso il 26 maggio 2009 alla stazione della Cumana (adiacente alla stazione della funicolare) di Montesanto. La sua morte è avvenuta in seguito ad un raid senza che lui avesse commesso alcunché se non trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato: cioè sulla traiettoria dei colpi al momento del raid.

Evoluzione degli eventi.
Il 09 ottobre scorso hanno arrestato a Malaga i presunti assassini di Petru che lì erano latitanti. Già ho segnalato l'omertà dei cittadini cosiddetti onesti e che si vantano di essere tali ma non hanno il coraggio di intervenire quando hanno sparato a Petru Birlandeanu nemmeno per chiamare un'ambulanza (ricordo che c'è un ospedale a 100 metri dal luogo dell'omicidio); nessuno di questi ha minimamente mostrato neanche un minimo di pietà - in senso positivo - verso un moribondo: la dimostrazione è nel video che inchioda chi passava di là. Indifferenza totale. Nessuno dei (molti) passanti (sempre gente di comprovata onestà e coraggio) s'è degnato di dire una parola di testimonianza. Mentre i vicoli che gli assassini pensavano di comandare li hanno traditi, visto che le testimonianze provengono dai circuiti criminali degli indagati.

I post di Pensare è gratis sul caso di Petru Birlandeanu.


Articoli della stampa sul tema

8 ott 2009

Lodo Alfano incostituzionale & caso Mills-Berlusconi.

Come sapete sicuramente, ieri la Corte Costituzionale ha dichiarato il Lodo Alfano in conflitto con l’articolo 3 e con l’articolo 138 della Costituzione. Questo vuol dire che si è violato il principio di uguaglianza e che sarebbe necessario cambiare la Costituzione, che per fortuna è una cosa non facilissima e men che mai rapida, per inserire il lodo Alfano (ex Lodo Schifani). Il principale pensiero va al processo Mills che adesso ripartirà anche nei confronti di Silvio Berlusconi.


Ne approfitto per fare una parentesi e per rimandarvi alla rinnovata sezione Approfonditamente: qualche mese fa è nata con una veste diversa ma dall'idea ancora attuale di sapere cosa dicono all'estero di noi sui temi più importanti, dato anche che quando si parla di Berlusconi non potranno essere sempre e comunque tutti comunisti-complottisti-anti italiani. Letterman che ha massacrato Bush per otto anni di mandato non è stato mai una volta indicato come antiamericano. Adesso ho sviluppato meglio l'idea anche graficamente, e la sezione - che dovrà essere ampliata - si estenderà anche ad altri temi (non solo Silvio). Tutto questo anche sulla scorta del fatto che ogni giornalista che non sia in cattiva fede ha un suo stile e può mettere in luce un aspetto trascurato da altri. Confrontare una rassegna stampa di diverse notizie è solo utile. Si accettano segnalazioni di stampa rigorosamente estera su argomenti già pubblicati o che vorreste fossero pubblicati di temi che riguardano prevalentemente l'Italia o comunque di grande interesse generale (all'interno della sezione trovate le indicazioni necessarie).


Chiusa parentesi, ritorniamo al caso Mills. Ho iniziato la sezione di cui sopra proprio dal caso Mills perché è stato ed è tornato di stretta attualità. A volerlo analizzare (ricordo che siamo ancora in primo grado) volendosi formare un’idea esclusivamente dalla stampa estera, emergono i seguenti elementi prevalenti:

1) Jessa Tewell - moglie di David Mills ed ex ministro del Governo Blair - secondo alcuni analisti politici inglesi sarebbe stata danneggiata politicamente in patria dallo scandalo del marito in Italia, mentre il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano che proprio nel paese che governa è direttamente coinvolto in un processo per corruzione, continua a governare impunemente senza che abbia alcun tipo di problematica politica.

2) Tale situazione crea - o dovrebbe creare - un tale imbarazzo da portare a dimissioni immediate ed incondizionate, solo che in Italia non succede.

3) Sia i pochi mezzi di comunicazione che non appartengono a Silvio Berlusconi, sia la gran parte dell’opposizione politica e civile è incapace di contrastare validamente Silvio Berlusconi e questo è un vantaggio per lui.

Di seguito alcuni stralci degli articoli sul caso Mills-Berlusconi che trovate in versione integrale nella sezione:
Tomasz Bielecki - Gazeta Wyborcza - 18/02/2009
L’ombra dell’affare Mills e di altre accuse di corruzione non disturbano i sostenitori di Berlusconi, che o credono nel complotto dei giudici di sinistra o – forse più spesso – ritengono la corruzione un’abilità pregevole, senza la quale sarebbe difficile rimanere nel mondo degli affari italiano.

Eric Arends - corrispondente da Roma del de Volkskrant - 20/02/2009.
Temo di essermi lasciato guidare troppo dall’andamento delle cose che caratterizza una normale democrazia. L’ho scritto perché in una democrazia è consueto che in casi di questo genere il premier finisca ”in grande imbarazzo” – persino qualora una legge lo protegga da procedimenti giudiziari. In una normale democrazia la gente ne parlerebbe scandalizzata. I giornalisti metterebbero il premier in seria difficoltà con domande scottanti, se il ministro non si fosse già dimesso di propria volontà.


In Italia questo genere di ovvie reazioni è inverosimile. L’ANSA ha rimosso dal suo sito internet la notizia della condanna di Mills già la sera stessa. Il telegiornale del primo canale italiano ha riportato la notizia solo dopo 19 minuti. L’argomento è durato esattamente un minuto. Il notiziario dell’emittente di Berlusconi “Rete 4″ ha completamente ignorato il tema.

Peter Propham - Corrispondente da Milano del The Indipendent - 23/02/2009
Grazie alla prescrizione è improbabile che il piccolo problema milanese di David Mills si trasformi in tempo trascorso in prigione. Ha molti amici potenti a Londra, e si sta probabilmente ridendo del processo a qualche cena a Islington mentre sto scrivendo. Ma la connivenza con la perfidia italiana di un uomo così vicino alla vetta del partito laburista è moralmente oltraggiosa.

Eric Arends - Corrispondente da Roma del de Volkskrant - 28/03/2009
L’Italia come paese democratico sta molto peggio di quanto molti credano. Ciò dimostrano le misure per la limitazione della libertà che questo governo sta prendendo o preparando (come la prigione per i giornalisti che pubblicano le intercettazioni telefoniche degli indiziati; pressione politica su medici e insegnanti per denunciare gli immigrati illegali alla polizia; limitazione dell’indipendenaza del potere giudiziario).

Ma lo stato preoccupante delle cose si rivela soprattutto nel modo apatico in cui stampa e pubblico ultimamente reagiscono a questo genere di piani. L’Italia si abbandona sempre di più alla realtà altamente colorata con cui viene abbindolata dall’apparato di potere di Berlusconi.

Ringrazio il blogger L'informatico che mi ha aiutato a risolvere un problema relativo alla visibilità del blog. Mi scuso con tutti coloro che hanno sofferto il problema.

4 ott 2009

Partito Democraticamente Rassegnato.

Per quanto possa sembrare una banalità il compito dell’opposizione è di opporsi, come sembra suggerire la stessa parola. Andiamo più a fondo: l’opposizione può anche proporre di modificare una proposta della maggioranza e non opporsi tout court: potremmo definirla dialettica, collaborazione, democrazia senza necessariamente arrivare a dire no e basta.

Quello che tuttavia vedo nel PD e nella gran parte della sinistra è la rassegnazione. La mozione di sfiducia contro Berlusconi non fu appoggiata dal PD perché in ogni caso sarebbe stata bocciata. Napolitano ha firmato il testo sullo scudo fiscale perché avrebbero rivotato lo stesso testo e Mr. President avrebbe dovuto firmarlo obbligatoriamente.

È giusto. Se avessero riapprovato lo stesso testo Napolitano avrebbe dovuto firmare obbligatoriamente, ma mandare un segnale non sarebbe una cosa sbagliata: il segnale che forse la strada non è completamente spianata, il segnale che c‘è qualche ostacolo. Non sarebbe stata una cattiva idea. Nel PDL cantano meno male che Silvio c’è. Ma forse vorrebbero cantare meno male che il PD c'è. Forse è troppo anche per loro. E comunque sia nel bene o nel male Silvio c’è. E con lui tutta la maggioranza compatta: quand’erano loro all’opposizione nessuno mollava la presa - specialmente con una maggioranza risicata - e diverse volte le leggi non passavano.

Il Partito Democraticamente Rassegnato vivacchia all’insegna dell’adda passà a nuttat’ quando sono all’opposizione; e del per rispetto non infieriamo sul nostro avversario e dialoghiamo, quando sono al governo. Di modo che quando Silvio c’è al Governo ha la strada pressoché spianata; quando Silvio c’è all’opposizione dialoga e magari la spunta pure dato che ci sa fare e dato che i suoi non mollano mai.

Detto questo i nomi dei deputati del PD assenti quando è stato approvato il testo sul cosiddetto scudo fiscale sono noti e sono note le motivazioni. Chissà forse Napolitano ha previsto pure le assenze recidive.

3 ott 2009

Sciopero dei giornalisti

Oggi finalmente è il giorno dello sciopero indetto dalla FNSI e a cui hanno aderito molteplici associazioni (in calce al post le associazioni aderenti).

Rispetto a quanto detto da me tre settimane fa, aggiungo (e vi segnalo) un'iniziativa sostenuta European Alternatives che si propone di portare una risoluzione all’assemblea plenaria del Parlamento Europeo per condannare l’infrangimento della libertà e pluralismo dei media in Italia con la possibilità di sanzioni nei confronti dell'Italia nel caso fossero accertate violazioni.

La discussione si terrà l'08 ottobre 2009 al Parlamento Europeo. Vi terrò informato.

NOTA BENE
Aderiscono alla manifestazione di oggi a Roma:
Articolo 21, CGIL, IDV, Sinistra e Libertà, PD, PRC, ARCI, ANPI, ACLI, Libertà e Giustiza, ANAC, SAI - Sindacato attori italiano - SLC CGIL, ApTI- Associazione per il Teatro Italiano e molte associazioni civiche e culturali, UCSI -Unione Cattolica Stampa Italiana, ActionAid, AMREF, Save the Children, Terre des hommes, VIS, WWF e World Vision

Sostengono la campagna presso il Parlamento europeo:
Rosario Crocetta (S&D, Italy), Sonia Alfano (ALDE, Italy), Luigi de Magistris (ALDE, Italy), Sylvie Guillaume (S&D, France), Sarah Ludford (ALDE, UK), Gianluca Susta (S&D, Italy) Gianni Vattimo (ALDE, Italy), Judith Sargentini (Greens, Netherlands), Isabelle Durant (Greens, Belgium), Bart Staes (Greens, Belgium), Eva Lichtenberger (Greens, Austria), Pascal Canfin (Greens, France), Jan Philipp Albrecht (Greens, Germany), Hélène Flautre (Greens, France).

1 ott 2009

La lettera di dimissioni di De Magistris dalla Magistratura.

Al Sig. Presidente della Repubblica
Piazza del Quirinale ROMA

Signor Presidente, scrivo questa lettera a Lei soprattutto nella Sua qualità di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. È una lettera che non avrei mai voluto scrivere. È uno scritto che evidenzia quanto sia grave e serio lo stato di salute della democrazia nella nostra amata Italia.

È una lettera con la quale Le comunico, formalmente, le mie dimissioni dall’Ordine Giudiziario.

Lei non può nemmeno lontanamente immaginare quanto dolorosa sia per me tale decisione. Sebbene l’Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro – come recita l’art. 1 della Costituzione – non sono molti quelli che possono fare il lavoro che hanno sognato; tanti il lavoro non lo hanno, molti sono precari, altri hanno dovuto piegare la schiena al potente di turno per ottenere un posto per vivere, altri vengono licenziati come scarti sociali, tanti altri ancora sono cassintegrati. Ebbene, io ho avuto la fortuna di fare il magistrato, il mestiere che avevo sognato fin dal momento in cui mi iscrissi alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Federico II” di Napoli, luogo storico della cultura giuridica. La magistratura ce l’ho nel mio sangue, provengo da quattro generazioni di magistrati. Ho respirato l’aria di questo nobile e difficile mestiere sin da bambino. Uno dei giorni più belli della mia vita è stato quando ho superato il concorso per diventare uditore giudiziario. Una gioia immensa che mai avrei potuto immaginare destinata a un epilogo così buio. È cominciata con passione, idealità, entusiasmo, ma anche con umiltà ed equilibrio, la missione della mia vita professionale, come in modo spregiativo la definì il rappresentante della Procura Generale della Cassazione durante quel simulacro di processo disciplinare che fu imbastito nei miei confronti davanti al Csm. Per me, esercitare le funzioni giudiziarie in ossequio alla Costituzione Repubblicana significava tentare di dare una risposta concreta alla richiesta di giustizia che sale dai cittadini in nome dei quali la Giustizia viene amministrata. Quei cittadini che – contrariamente a quanto reputa la casta politica e dei poteri forti – sono tutti uguali davanti alla legge. Del resto Lei, signor Presidente, che è il custode della Costituzione, ben conosce tali inviolabili principi costituzionali e mi perdoni, pertanto, se li ricordo a me stesso.

I modelli ai quali mi sono ispirato sin dall’ingresso in magistratura – oltre a mio padre, il cui esempio è scolpito per sempre nel mio cuore e nella mia mente – sono stati magistrati quali Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ed è nella loro memoria che ho deciso di sventolare anch’io l’agenda rossa di Borsellino, portata in piazza con immensa dignità dal fratello Salvatore. Ho sempre pensato che chi ha il privilegio di poter fare quello che sogna nella vita debba dare il massimo per il bene pubblico e l’interesse collettivo, anche a costo della vita. Per questo decisi di assumere le funzioni di Pubblico Ministero in una sede di trincea, di prima linea nel contrasto al crimine organizzato: la Calabria. Una terra da cui, in genere, i magistrati forestieri scappano dopo aver svolto il periodo previsto dalla legge e dove invece avevo deciso (ingenuamente) di restare.

Ho dedicato a questo lavoro gli anni migliori della mia vita, dai 25 ai 40, lavorando mai meno di dodici ore al giorno, spesso anche di notte, di domenica, le ferie un lusso al quale dover spesso rinunciare. Sacrifici enormi, personali e familiari, ma nessun rimpianto: rifarei tutto, con le stesse energie e il medesimo entusiasmo.

In questi anni difficili, ma entusiasmanti, in quanto numerosi sono stati i risultati raggiunti, ho avuto al mio fianco diversi colleghi magistrati, significativi settori della polizia giudiziaria, un gruppo di validi collaboratori. Ho cercato sempre di fare un lavoro di squadra, di operare in pool. Parallelamente al consolidarsi dell’azione investigativa svolta, però, si rafforzavano le attività di ostacolo che puntavano al mio isolamento, alla de-legittimazione del mio lavoro, alle più disparate strumentalizzazioni. Intimidazioni, pressioni, minacce, ostacoli, interferenze. Attività che, talvolta, provenivano dall’esterno delle Istituzioni, ma il più delle volte dall’interno: dalla politica, dai poteri forti, dalla stessa magistratura. Signor Presidente, a Lei non sfuggirà, quale Presidente del CSM, che l’indipendenza della magistratura può essere minata non solo dall’esterno dell’ordine giudiziario, ma anche dall’interno: ostacoli nel lavoro quotidiano da parte di dirigenti e colleghi , revoche e avocazioni illegali, tecniche per impedire un celere ed efficace svolgimento delle inchieste.

Ho condotto indagini nei settori più disparati, ma solo quando mi occupavo di reati contro la Pubblica amministrazione diventavo un cattivo magistrato.

Posso dire con orgoglio che il mio lavoro a Catanzaro procedeva in modo assolutamente proficuo in tutte le direzioni, come impone il precetto costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale, corollario del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. La polizia giudiziaria lavorava con sacrifici enormi, perché percepiva che risultati straordinari venivano raggiunti. Le persone informate dei fatti testimoniavano e offrivano il loro contributo. Lo Stato c’era ed era visibile, in un territorio martoriato dal malaffare. Le inchieste venivano portate avanti tutte, senza insabbiamenti di quelle contro i poteri forti (come invece troppe volte accade). Questo modo di lavorare, il popolo calabrese – piaccia o non piaccia al sistema castale – lo ha capito, mostrandoci sostegno e solidarietà. Non è poco, signor Presidente, in una Regione in cui opera una delle organizzazioni mafiose più potenti del mondo. E che lo Stato stesse funzionando lo ha compreso bene anche la criminalità organizzata. Tant’è vero che si sono subito affinate nuove tecniche di neutralizzazione dei servitori dello Stato che si ostinano ad applicare la Costituzione Repubblicana. Non so se Ella, Signor Presidente, condivide la mia analisi. Ma a me pare che - dopo la stagione delle stragi di mafia culminate nel 1992 con gli attentati di Capaci e di via D’Amelio e dopo la strategia della tensione delle bombe a grappolo in punti nevralgici del Paese nel 1993 - le mafie hanno preso a istituzionalizzarsi. Hanno deciso di penetrare diffusamente nella cosa pubblica, nell’economia, nella finanza. Sono divenute il cancro della nostra democrazia. Controllano una parte significativa del prodotto interno lordo del nostro paese, hanno loro rappresentanti nella politica e nelle Istituzioni a tutti i livelli, nazionali e territoriali. Nemmeno la magistratura e le forze dell’ordine sono rimaste impermeabili. Si è creata un’autentica emergenza democratica, da sconfiggere in Italia e in Europa.

Gli ostacoli più micidiali all’attività dei servitori dello Stato sono i mafiosi di Stato: quelli che indossano abiti istituzionali, ma piegano le loro funzioni a interessi personali, di gruppi, di comitati d’affari, di centri di potere occulto. Non mi dilungo oltre, perché credo che al Presidente della Repubblica tutto questo dovrebbe essere noto.

Ebbene oggi, Signor Presidente, non è più necessario uccidere i servitori dello Stato: si creerebbero nuovi martiri; magari, ai funerali di Stato, il popolo prenderebbe di nuovo a calci e sputi i simulacri del regime; l’Europa ci metterebbe sotto tutela. Non vale la pena rischiare, anzi non serve. Si può raggiungere lo stesso risultato con modalità diverse: al posto della violenza fisica si utilizza quella morale, la violenza della carta da bollo, l’uso illegale del diritto o il diritto illegittimo, le campagne diffamatorie della propaganda di regime, si scelga la formula che più piace.

Che ci vuole del resto, signor Presidente, per trasferire un magistrato perbene, un poliziotto troppo curioso, un carabiniere zelante, un finanziere scrupoloso, un prete coraggioso, un funzionario che non piega la schiena, o per imbavagliare un giornalista che racconta i fatti? È tutto molto semplice, quasi banale. Ordinaria amministrazione.

Per allontanare i servitori dello Stato e del bene pubblico, bisogna prima isolarli, delegittimarli, diffamarli, calunniarli. A questo servono i politici collusi, la stampa di regime al servizio dei poteri forti, i magistrati proni al potere, gli apparati deviati dello Stato. La solitudine è una caratteristica del magistrato, l’isolamento è un pericolo. Ebbene, in Calabria, mentre le persone rispondevano positivamente all’azione di servitori dello Stato vincendo timori di ritorsioni, spezzando omertà e connivenze, pezzi significativi delle Istituzioni contrastavano le attività di magistrati e forze dell’ordine con ogni mezzo.

Quello che si è realizzato negli anni in Calabria sul piano investigativo è rimasto ignoto, in quanto la cappa esercitata anche dalla forza delle massonerie deviate impediva di farlo conoscere all’esterno. Il resto del Paese non doveva sapere. Si praticava la scomparsa dei fatti. Quando però le vicende sono cominciate a uscire dal territorio calabrese, l’azione di sabotaggio si è fatta ancor più violenta e repentina. Invece dello sbarco degli Alleati, c’è stato quello della borghesia mafiosa che soffoca la vita civile calabrese. L’azione dello Stato produceva risultati in termini di indagini, restituiva fiducia nelle Istituzioni, svelava i legami tra mafia “militare” e colletti bianchi, smascherava il saccheggio di denaro pubblico perpetrate da politici collusi, (im)prenditori criminali e pezzi deviati delle Istituzioni a danno della stragrande maggioranza della popolazione, scoperchiava un mercato del lavoro piegato a interessi illeciti, squadernava il controllo del voto e, quindi, l’inquinamento e la confisca della democrazia.

Sono cose che non si possono far conoscere, signor Presidente. Altrimenti poi il popolo prende coscienza, capisce come si fanno affari sulla pelle dei più deboli, dissente e magari innesca quella democrazia partecipativa che spaventa il sistema di potere che opprime la nostra democrazia. Una presa di coscienza e conoscenza poteva scatenare una sana e pacifica ribellione sociale. Lei, signor Presidente, dovrebbe conoscere – sempre quale Presidente del CSM - le attività messe in atto ai miei danni. Mi auguro che abbia assunto le dovute informazioni su quello che accadeva in Calabria per fermare il lavoro che stavo svolgendo in ossequio alla legge e alla Costituzione. Avrà potuto così notare che è stata messa in atto un’attività di indebito esercizio di funzioni istituzionali al solo fine di bloccare indagini che avrebbero potuto ricostruire fatti gravissimi commessi in Calabria (e non solo) da politici di destra, di sinistra e di centro, da imprenditori, magistrati, professionisti, esponenti dei servizi segreti e delle forze dell’ordine. Tutto ciò non era tollerabile in un Paese ad alta densità mafiosa istituzionale. Come poteva un pugno di servitori dello Stato pensare di esercitare il proprio mandato onestamente applicando la Costituzione? Signor Presidente, Lei - come altri esponenti delle Istituzioni - è venuto in Calabria, ha esortato i cittadini a ribellarsi al crimine organizzato e ad avere fiducia nelle Istituzioni. Perché, allora, non è stato vicino ai servitori dello Stato che si sono imbattuti nel cancro della nostra democrazia, cioè nelle più terribili collusioni tra criminalità organizzata e poteri deviati? Non ho mai colto alcun segnale da parte Sua in questa direzione, anzi. Eppure avevo sperato in un Suo intervento, anche pubblico: ero ancora nella fase della mia ingenuità istituzionale. Mi illudevo nella neutralità, anzi nell’imparzialità dei pubblici poteri. Poi ho visto in volto, pagando il prezzo più amaro, l’ingiustizia senza fine.

Sono stato ostacolato, mi sono state sottratte le indagini, mi hanno trasferito, mi hanno punito solo perché ho fatto il mio dovere, come poi ha sancito l’Autorità Giudiziaria competente. Ma intanto l’obiettivo era stato raggiunto, anche se una parte del Paese aveva e ha capito quel che è accaduto, ha compreso la posta in gioco e me l’ha testimoniato con un affetto che Lei non può nemmeno immaginare. Un affetto che costituisce per me un’inesauribile risorsa aurea.

Ho denunciato fatti gravissimi all’Autorità giudiziaria competente, la Procura della Repubblica di Salerno: me lo imponeva la legge e prima ancora la mia coscienza. Magistrati onesti e coraggiosi hanno avuto il solo torto di accertare la verità, ma questa ancora una volta era sgradita al potere. E allora anche loro dovevano pagare, in modo ancora più duro e ingiusto: la lezione impartita al sottoscritto non era stata sufficiente. La logica di regime del “colpirne uno per educarne cento” usata nei miei confronti non bastava ancora a scalfire quella parte della magistratura che è l’orgoglio del nostro Paese. Ci voleva un altro segnale forte, proveniente dalle massime Istituzioni, magistratura compresa: la ragion di Stato (ma quale Stato, signor Presidente?) non può tollerare che magistrati liberi, autonomi e indipendenti possano ricostruire fatti gravissimi che mettono in pericolo il sistema criminale di potere su cui si regge, in parte, il nostro Paese.

Quando la Procura della Repubblica di Salerno – un pool di magistrati, non uno “antropologicamente diverso”, come nel mio caso – ha adottato nei confronti di insigni personaggi calabresi provvedimenti non graditi a quei poteri che avevano agito per distruggermi, ecco che il circuito mediatico-istituzionale, ai più alti livelli, ha fatto filtrare il messaggio perverso che era in atto una “lite fra Procure”, una guerra per bande. Una menzogna di regime: nessuna guerra vi è stata, fra magistrati di Salerno e Catanzaro. C’era invece semplicemente, come capirebbe anche mio figlio di 5 anni, una Procura che indagava, ai sensi dell’art. 11 del Codice di procedura penale, su magistrati di un altro distretto. E questi, per ostacolare le indagini, hanno a loro volta indagato i colleghi che indagavano su di loro, e me quale loro istigatore. Un mostro giuridico. Un’aberrazione di un sistema che si difende dalla ricerca della verità, tentando di nascondersi dietro lo schermo di una legalità solo apparente.

Questa menzogna è servita a buttare fuori dalle indagini (e dalla funzioni di Pm) tre magistrati di Salerno, uno dei quali lasciato addirittura senza lavoro. Il messaggio doveva essere chiaro e inequivocabile: non deve accadere più, basta, capito?! Signor Presidente, io credo che Lei in questa vicenda abbia sbagliato. Lo affermo con enorme rispetto per l’Istituzione che Lei rappresenta, ma con altrettanta sincerità e determinazione. Ricordo bene il Suo intervento – devo dire, senza precedenti – dopo che furono eseguite le perquisizioni da parte dei magistrati di Salerno. Rimasi amareggiato, ma non meravigliato. Signor Presidente, questo sistema malato mi ha di fatto strappato di dosso la toga che avevo indossato con amore profondo. E il fatto che non mi sia stato più consentito di esercitare il mestiere stupendo di Pubblico ministero mi ha spinto ad accettare un’avventura politica straordinaria. Un’azione inaccettabile come quella che ho subìto può strapparmi le amate funzioni, può spegnere il sogno professionale della mia vita, può allontanarmi dal mio lavoro, ma non può piegare la mia dignità, nè ledere la mia schiena dritta, nè scalfire il mio entusiasmo, nè corrodere la mia passione e la volontà di fare qualcosa di utile per il mio Paese. Nell’animo, nel cuore e nella mente, sarò sempre magistrato.

Nella Politica, quella con la P maiuscola, porterò gli stessi ideali con cui ho fatto il magistrato, accompagnato dalla medesima sete di giustizia, i miei ideali e valori di sempre (dai tempi della scuola) saranno il faro del nuovo percorso che ho intrapreso. Darò il mio contributo affinchè i diritti e la giustizia possano affermarsi sempre di più e chi soffre possa utilizzarmi come strumento per far sentire la sua voce.

È per questo che, con grande serenità, mi dimetto dall’Ordine giudiziario, dal lavoro più bello che avrei potuto fare, nella consapevolezza che non mi sarebbe più consentito esercitarlo dopo il mandato politico. Lo faccio con un ulteriore impegno: quello di fare in modo che ciò che è successo a me non accada mai più a nessuno e che tanti giovani indossino la toga non con la mentalità burocratica e conformista magistralmente descritta da Piero Calamandrei nel secolo scorso, come vorrebbe il sistema di potere consolidato, ma con la Costituzione della Repubblica nel cuore e nella mente.

Luigi de Magistris Roma, 28 settembre 2009
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